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Immagine del redattoreSara

Il giacinto blu


“…nell'onde

del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde

col suo primo sorriso, onde non tacque

le tue limpide nubi e le tue fronde

l'inclito verso…“


 Ugo Foscolo



Si mostra come un mosaico di colline ondulate e valli lussureggianti, intrecci di sentieri di pini marittimi e uliveti secolari. Scogliere bianche, calcaree, mozzafiato e spiaggie dorate che si tuffano abbracciando un mare turchese. Il profumo del rosmarino e del timo si mescolano con l’aria salmastra e sorridono ai campi in primavera, colmi di margherite e papaveri che ondeggiano al vento. Questa è l’isola di Zante, come uscita da un sogno: sospesa tra il blu del mare e del cielo. Ogni angolo racconta una storia antica e ogni suono è un sussurro alla terra. 


Tra i mirti e le ginestre, era nata e cresciuta Elara. Aveva grandi occhi blu, sempre rivolti al mare, lunghi capelli dorati che profumavano di giacinti e una bellezza eterea, specchio della sua profonda connessione con la natura.

Viveva in una casa bianca, con il tetto di tegole rosse, nel punto più alto dell’isola, dove il tempo sembrava essersi fermato. Il punto dal quale poteva guardare il porticciolo e sentire lo schiudersi delle uova delle tartarughe, lieta notizia portata alle sue orecchie dalle brezze delicate e soavi. Quel che amava di più, della sua isola, era il momento del tramonto: il sole si affidava lentamente al mare e il cielo si accendeva di sfumature di arancione, rosa e viola. Quando le ombre delle colline si allungavano e proiettavano il giorno nella notte, l'anima di Zante si rivelava completamente, mostrando la sua bellezza ancestrale e il suo spirito indomito e, lei, ne era la protettrice. 

Un’anima davvero particolare, quella di Zante, casa di creature che, si mormorava, fossero in grado di trasformazioni rare. Elara scoprì questo dono da bambina. Stava giocando sulla spiaggia, costruendo castelli di sabbia con l’aiuto dei granchi, quando comparve un fanciullino che si presentò a lei, spavaldo: “Ciao, io sono Evander!”. Giusto il tempo di alzare la nuca, e guardarlo mentre protendeva la sua mano in segno di saluto, che Elara si fece rossa di fuoco in volto e, in un attimo, si trasformò in un giacinto.

Evander si mise a sedere sulla spiaggia e attese, paziente. Quando Elara ritornò alla sua forma umana, la tranquillizzò e le spiegò che non era sorpreso da quella trasformazione poiché anche sua nonna e sua mamma lo facevano spesso.


Elara corse a casa, un po’ sconvolta dalle emozioni di quella giornata, e si gettò tra le braccia della nonna: “Piccola mia, devi andarne fiera: il giacinto blu è una trasformazione che porta in sé la speranza e l’amore. Le donne dell’isola hanno da sempre questo splendido dono: siamo un tutt’uno con la terra, il mare ed il cielo. Ma non c’è bisogno che te lo spieghi io. Lo so che senti la schiusa delle tartarughe a centinaia di metri di distanza, giochi con gli abitanti del mare, percepisci le piante e gli esseri che abitano l’isola. Ci trasformiamo in giacinti ogni volta che una forte emozione ci scuote. Hai conosciuto Evander, oggi, vero? E’ un giovane di valore. Abbiate cura l’una dell’altro e, insieme, dell’isola e del nostro segreto. Ho conservato un dono per questo giorno.”.

Da un cassetto, tirò fuori un medaglione, con un giacinto blu avvolto da un drago dorato, e glielo porse. Elara lo prese e lo osservò, rigirandolo tra le dita. Era un medaglione stupendo, incastonato nell’argento, lavorato con ghirigori minuziosi e infilato in una collana a piccole maglie intervallate da perline indaco.

“Nonna, come sapevi che mi sarei trasformata in un giacinto blu?”.

La nonna le agganciò la collana al collo, scostandole con una carezza i capelli: “Oh, tesoro, il tuo cuore mi parla da prima che venissi al mondo. Non potevi che essere uno splendido giacinto blu.”.

“E perchè c’è un drago?”.

“Per proteggerti, sempre.”.


Elara ed Evander crebbero insieme, da quel giorno inseparabili, e lei si trasformò in giacinto in alcune memorabili occasioni come, ad esempio, quando le chiese la mano: “Elara, il giacinto vuol dire sì?”.

Le loro risate riecheggiavano per tutta l’isola e i giorni trascorrevano sereni tra celebrazioni alla natura, al chiaro di luna, e canti festosi, con brindisi all’ouzo.

La prosperità rigogliosa di Zante era sotto gli occhi di chiunque passasse per l’isola e, presto, di tutta la Grecia.

Si sparse la voce riguardo al fatto che, qualunque imbarcazione portasse con sé merce di scambio, trovasse floridi affari, una volta raggiunta la destinazione, se prima fosse passata per Zante. Per questo svariate rotte furono cambiate, solo per toccare le rive dell’isola e poi ripartire, in cerca di fortuna. 


Una curiosa nave dalle vele nere approdò a Zante, dalla Turchia. I marinai avevano manifestato l’intenzione di rimanere sull’isola il tempo necessario affinché gli artigiani zacinti potessero fabbricare loro manufatti in pelle, per contenere le sigarette di cui avevano un grosso carico, e l’isola mostrò loro tutta l’ospitalità per cui erano noti. 


Elara aveva perso il sonno da alcuni giorni. Gli stessi giorni in cui il tramonto, mostrandosi rosso e ardesia, le sembrava dipinto di disperazione. Percepiva nell’aria l’odore della tempesta, nonostante non si scorgesse la benché minima nuvola all'orizzonte.

Una notte, mentre una pallida luna illuminava il mare, Elara avvertì che qualcuno stava frettolosamente correndo verso casa loro. Svegliò Evander e attesero in silenzio. Il bussare all’uscio non tardò ad arrivare: “Elara, Elara! Ti devo parlare!”.

La voce era quella di Katrina, una vecchia e fedele amica d’infanzia. Nel vedere il volto della ragazza, l’inquietudine che portava nel cuore da qualche giorno iniziò a crescere, espandendosi in tutto il corpo e picchiettando come pioggia sulla pelle.

“Non so davvero come dirtelo, Elara, è tutta colpa mia!”

“Calmati, ti prego, e dimmi cos’è successo.”.

“Ho svelato il nostro segreto.”.

L’inquietudine di Elara iniziò a battere, come il ritmo dei tamburi grevi e cupi, e poi esplose. Dovette fare ricorso a tutto il controllo che possedeva per riuscire a non diventare un giacinto. La rabbia e la delusione spingevano da dentro di lei, impetuose, come un fiume che non chiede altro che esondare dagli argini.

“Ti prego, Elara, perdonami. Non sono riuscita a controllarmi. Ho sbagliato, lo so, sono adulta, ormai, dovrei avere la fermezza sulla mie emozioni. Ma… quando ho visto Kyros, è successo quello che hai vissuto tu con Evander: in un attimo ero un giacinto. Ho atteso tanto, nella speranza che se ne andasse, ma lui ha aspettato un giorno ed una notte e sai bene che non possiamo rimanere giacinti per troppo tempo. Quando sono tornata alla forma umana gli ho spiegato che il nostro è un dono che solamente ci permette di prenderci cura della terra con amore, e ho letto nei suoi occhi la sincera volontà di mantenere il segreto.”.

“Una sincera volontà, dici bene. Il tuo Kyros è fedele, Katrina.”.

Katrina tirò un sospiro di sollievo: “Davvero? Elara, come lo sai?”.

“Da giorni sento che qualcosa non torna. Da quando sono arrivati i marinai della nave nera. Kyros era già stato qui: non è lui il problema, altrimenti lo avrei percepito dalla prima volta in cui ha messo piede a Zante. Cosa sta succedendo al porto?”.

Elara volse lo sguardo verso il mare. Si stavano levando urla di paura tra uomini e donne e un gran fragore le inondava le orecchie. Si mise in ascolto, profondamente: “Il capitano della nave nera, Katrina, legge la mente, di tutti. Corriamo.”.

Elara, Katrina e Evander si precipitarono verso il porto. Il capitano della nave aveva arruolato non solo dei mercenari, ma anche degli assassini. Il suo intento era quello di sterminare tutti gli uomini dell’isola e prenderne possesso: voleva il potere delle zacinte tutto per lui.

“Ecco la protettrice dell’isola!”, urlò, all’arrivo di Elara, beffandosi di lei. “Finalmente sei arrivata.”.

Con un gesto della mano indicò Evander e, facendo cenno ai suoi: “Uccidetelo!”. Poi poggiò nuovamente lo sguardo su Elara: “Tu, da oggi, sarai la mia sposa. E io governerò l’intera Grecia.”.


Elara sentì il cuore sprofondare. Una paura enorme la scosse violentemente e, istintivamente, strinse la mano di Evander. Il medaglione al collo iniziò a brillare, emanando una luce blu. Elara si trasformò in un giacinto e poi, con un ruggito che arrivava dagli abissi del mare, divenne un maestoso drago dorato. Evander sentì un'energia sconosciuta attraversargli il corpo. Il medaglione di Elara continuava a brillare intensamente e, in un'esplosione di luce, anche lui iniziò a cambiare forma. La parte inferiore del suo corpo si allungò e si trasformò in un poderoso cavallo, mentre la parte superiore rimase quella di un uomo: si era trasformato in un centauro.

I marinai erano terrorizzati: gente dalle gesta imperdonabili, avevano visto molte cose nella loro vita, tuttavia lo spettacolo che si stava mettendo in scena era del tutto inimmaginabile. La battaglia fu intensa e crudele: il drago dorato sputava fuoco e fiamme, devastando le fila dei mercenari. Evander, con la sua abilità di combattente e il suo coraggio, respingeva gli attacchi al suolo, proteggendo Elara.

Un odore acre di carne bruciata impregnò tutta l’aria e, alle prime luci del nuovo giorno, Elara salutò con riconoscenza i colori del cielo, tornati nella grazia dell’arancione, del rosa e del viola.


Sulla spiaggia Agios Georgiou Sta Gremna, sull’isola di Zante, si può osservare il relitto di una nave che un tempo navigò con vele nere, monito per i marinai di tutta la grecia e custode di un segreto che solo il vento sussurra, piano, al mare.


-Sara-



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