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A Berlino, tra le vie acciottolate e i palazzi dal fascino contemporaneo, si nascondeva un mistero. Si discuteva di un disturbo che affliggeva alcuni cittadini: Der Schattengeist.
Da quel che si diceva, una presenza si insinuava nella mente delle sue vittime, portandole lentamente alla follia.
Michael, psichiatra da pochi mesi, era scettico riguardo a quelle dicerie.
Era cresciuto con la scienza ed ereditato la professione medica da suo padre: come lui, aveva maturato la convinzione che ogni patologia avesse una spiegazione razionale. Quando Heidi, una donna sui trent’anni, venne ricoverata nella clinica in cui lavorava dopo un episodio di dissociazione, Michael pensò di trovarsi di fronte a un classico caso di schizofrenia.
Eppure Heidi raccontava un episodio alquanto originale.
“La senti, dottore? La senti anche tu?” Heidi sussurrava spesso queste parole nelle lunghe notti di veglia. Michael era abituato a pazienti che affermavano di sentire voci, ma c’era qualcosa nel tono della donna che lo disturbava. Non era confusa come gli altri schizofrenici: mostrava una consapevolezza lucida e terrificante.
Una notte, durante il suo turno di guardia, Michael decise di rimanere a osservarla. Notò come il suo sguardo si fissasse in un angolo buio della stanza, dove la luce della lampada non riusciva a penetrare del tutto. Sembrava un gatto che osservava un insetto, invisibile all’occhio umano.
Le sue labbra si muovevano appena, recitando qualcosa in un tedesco incomprensibile.
Poi, il termometro sulla parete cominciò a vibrare, come se un soffio gelido stesse attraversando la stanza.
Michael si avvicinò a lei, cercando di comprendere e calmare il suo terrore. “Heidi, cosa sta vedendo?”
Lei girò lentamente la testa verso di lui. “Non è nella mia testa. È qui, dottore. Le ombre… Mi attacca.”
Quella notte, Michael ebbe difficoltà a dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva le stesse ombre che si distorcevano negli angoli della stanza. La sua mente, addestrata a razionalizzare ogni evento, iniziò a vacillare.
Nei giorni successivi le condizioni di Heidi peggiorarono. Parlava sempre più spesso di una figura fatta di oscurità, una creatura che si nutriva della paura, del terrore. “Vuole prendersi me, e poi verrà per te” gli urlò una sera, fissandolo disperata dopo la terapia.
Michael iniziò a fare ricerche più approfondite, scoprendo che negli ultimi anni c’erano stati diversi casi simili, tutti concentrati a Nikolaiviertel, il quartiere più antico della capitale. Le vittime soffrivano tutte di allucinazioni simili: una figura che si avvicinava dall’oscurità, sussurrando loro segreti indicibili fino alla completa scomparsa di lucidità. Molti si toglievano la vita, altri finivano per fuggire lontano, abbandonando qualsiasi cosa.
Michael decise di visitare il quartiere, desideroso di capire cosa potesse legare quei casi e aiutare la sua paziente. Camminando tra vicoli dal fascino anticheggiante, Michael cominciò a sentirsi osservato. Ogni ombra sembrava animarsi, come se qualcosa si muovesse appena fuori dalla sua vista. Si fermò davanti a una vecchia casa abbandonata da una vittima di queste allucinazioni, una struttura con i segni della guerra che sembrava essersi persa nel tempo. Le finestre erano coperte di polvere, l’aria era si fece pesante. Si diceva che fosse proprio lì che il fenomeno aveva avuto inizio.
Mentre si avvicinava, un suono basso e profondo, quasi un gemito, si levò dall’interno della casa. Il cuore di Michael accelerò, ma si fece coraggio ed entrò ugualmente.
Le stanze erano buie e fredde.
Ovunque si voltasse, sentiva il peso delle ombre che lo seguivano.
A un tratto, vide qualcosa muoversi nel buio. Una figura indistinta, fatta di pura oscurità, sembrava allungarsi verso di lui.
Sapeva che stava cominciando a perdere la lucidità.
La paura cominciò a prendere il sopravvento.
Non può essere reale, si ripeteva, anche se ogni fibra del suo corpo gli urlava l’esatto contrario.
Michael corse fuori, il respiro corto e il cuore in gola. Tornò alla clinica, convinto che le sue stesse percezioni fossero state alterate dal racconto di Heidi.
La notte successiva era di guardia.
Mentre rivedeva le note dei pazienti, le luci nella sua stanza cominciarono a tremolare. E poi, lentamente, le ombre si mossero.
Era lì. Lo Schattengeist.
Non era più solo una diceria, non per lui.
Le ombre nella stanza di Michael cominciarono a inghiottire ogni cosa.
Il tremolio delle luci si spense del tutto, lasciandolo immerso in un’oscurità palpabile, viva.
Lo psichiatra provò ad alzarsi dalla sedia e fuggire, ma il suo corpo sembrava inchiodato.
Un peso invisibile lo schiacciava.
Il suo respiro si fece corto e affannoso.
Lo vide.
Dall’angolo della stanza, la figura si staccò dall’oscurità, una sagoma indistinta, fatta di tenebre pulsanti. Si avvicinò a lui lentamente, senza fretta, come se sapesse che Michael non poteva sfuggirgli. A ogni passo, la creatura risucchiava la poca luce rimasta nella stanza.
Michael cercò di gridare, ma la sua voce non uscì. Il suo cuore martellava forte, la sua mente non riusciva a trovare una via d’uscita. Le parole di Heidi gli risuonarono nella testa: “Prima me, poi te.”
La creatura si avvicinò così tanto che Michael poté percepire il gelo che emanava dal suo corpo. Poi accadde: la figura allungò una mano fatta di ombra e la posò sul petto dell’uomo.
Al contatto, un’ondata di terrore lo travolse. Era come se la parte più profonda dentro di lui venisse risucchiata in un enorme buco nero.
Michael sentì la sua pelle bruciare e raffreddarsi nello stesso momento. Guardò le sue mani e vide con orrore che stavano iniziando a svanire, dissolvendosi nell’ombra. Le sue dita si allungavano, diventando filamenti scuri, il suo corpo iniziava a perdere consistenza. Cercò di lottare, ma il processo era inarrestabile.
Lentamente, Michael cominciò a fondersi con le tenebre. Sentiva la sua coscienza spegnersi, come una lenta erosione di sé. La sua mente, prima lucida e razionale, si offuscava, mentre i confini tra il suo corpo e l’oscurità si annullavano.
Ora poteva sentire il sussurro della creatura dentro di sé. Era un eco lontano, un suono vuoto che lo attirava più a fondo nel regno delle ombre. Era diventato parte di quella forza maligna. Michael non era più umano; era qualcosa di diverso, una presenza fatta di oscurità e paura.
Nel silenzio della notte, mentre l’ultima parte della sua umanità si dissolveva, Michael capì la verità.
Non era mai stata solo una malattia mentale.
Era una maledizione, un antico potere che risucchiava le anime più vulnerabili, trasformandole in ombre senz’anima.
Ora anche lui era una di quelle ombre.
Da quel momento in poi, si sarebbe mosso tra gli angoli bui di Berlino, in cerca della prossima vittima. I suoi sussurri avrebbero risuonato nella mente di coloro che avrebbero cercato di razionalizzare l’inspiegabile, fino a quando anche loro non sarebbero stati consumati dall’oscurità.
La città continuava a vivere ignara, mentre nei vicoli più stretti e nelle case abbandonate le ombre si allungavano, sussurranti.
La Paura di Berlino cresceva.
Così, Michael divenne l’ombra che una volta aveva combattuto.
La mattina, i colleghi trovarono il corpo senza vita nel suo studio, con quello della paziente Heidi.
Un foro di pistola alla tempia di entrambi ne fece ipotizzare la fine: la paziente doveva aver fatto fuoco contro il dottore per poi togliersi la vita.
Triste, ma perfettamente chiaro e spiegabile.
Come piaceva ai berlinesi.
-Silvia F.-
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