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Luce e Ombra nella Luna

Aggiornamento: 12 lug 2023


Non c’era una ragione apparente per la quale provasse un’attrazione così forte per quella cittadina sperduta tra colline di terra ondulata e verde e profumi variegati.

Era a San Gimignano, il piccolo borgo medioevale che sembrava aver fermato le lancette degli orologi. L’unico indizio del trascorrere del tempo erano le moderne attività commerciali, che comunque respiravano e ributtavano nel mondo, insieme all’anidride carbonica, anche un po’ della trascorsa storia.


Lui guardava i mattoni e le strade lastricate di rosso e sentiva un peso dentro. Non uno di quei pesi spiacevoli, no. Tutt’altro. Uno di quei pesi che ti fanno credere che, anche con la peggiore folata di vento, anche con il più sobbalzante dei terremoti, saresti potuto rimanere ben saldo a terra.

E quando, per istinto o per follia, sentì la necessità di entrare nel Duomo, i lapislazzuli del soffitto cantarono per i suoi occhi e fu come se il cielo e la terra gli stessero svelando uno dei più antichi segreti.

Non poteva resistere: scappò via, uscendo alla ricerca della piazza, così imperfetta rispetto al connubio del Duomo, eppure così permeata di bellezza.

Una vocina si faceva strada, sibilando e strisciando, tra abitanti e turisti: una donna dalla pelle curcuma e gli occhi carbone, tra le mani un cono gelato.

“Beh? Che c’è? Dicono sia uno dei più buoni d’Italia. Lo trovi bizzarro? Tu? L’Ombra che ha appena fatto un piccolo tour nella casa della Luce?”

“Perchè mi insegui?”

“Perchè tu fuggi.”

Un lungo silenzio, di presa di coscienza, forse.

Le rughe del viso, accartocciate in difesa del sole, si appianarono e diventarono morbide, come le colline intorno a loro, mentre respirava a fondo, nel tentativo di trattenere l’antica rabbia che provava verso Salina.

Lei lo osservava, convinta di sapere tutto delle sue reazioni, ma quando percepì che il suo respiro stava rallentando, capì. Davanti a lei c’era lo stesso corpo, dannatamente irresistibile, che odorava di caramello e spezie asiatiche. Tuttavia, dietro al noto sguardo, impenetrabile, di ghiaccio, ora poteva scorgere qualcosa che somigliava a un po’ di malinconia. E se ne stupì.

“All’interno del Duomo, che tu sbeffeggi, come casa della Luce io, di Luce, ne ho vista ben poca. Sai… mi piace annusare i luoghi di culto, di qualunque natura essi siano. Hanno una affascinante maestosità e sai che mi elettrizza la maestosità! Lì dentro, oggi, ho sentito una grande armonia di architettura, materiali, sudore, richiami.”

“E sei fuggito.”

“Era troppa. In contrasto con anime che stavano immerse in un flusso, apatiche, guardavano ma non vedevano. Non c’era sentimento, Salina. E mi sono chiesto se, alla fine, tutto l’impegno che ho messo, per secoli, non sia stato vano. No, ma che dico, non solo vano, in completo contrasto con tutto quello che è la Natura. Il bene, il male. La Luce, le Ombre. Ma a cosa vale tutto questo? Non è certo il nostro conflitto a muovere gli oceani. E a nulla vale il nostro spargere, continuo, di sentimenti contrastanti, per tenerli vivi e creativi, se poi nuotano nell'apatia e nella rassegnazione. Non gioiscono nemmeno più della bellezza. Accadono piccoli miracoli, ogni giorno, e non li notano nemmeno. Li vedi? Sono grigi.”

“Non sarai mica un’Ombra pentita?”

“Non sono pentito di nulla. Quel che è stato, ormai non si può di certo cambiare. Però andrò in pre-pensionamento.”

“Cosa stai farneticando, Julian?”

“Lo dicono spesso, loro. Tutti parlano di pensione, qui. Sembra una cosa ambita. La voglio anche io. Ti assicuro che la beatitudine che accompagna quella parola sembra impagabile. Il riposo, Salina. Non ho davvero più voglia di farti la guerra. Del resto questo era il nostro destino, no?".

Una pausa, la fissa.

"Lo Ying e Lo Yang. Le Luci e le Ombre, lo dico di nuovo. Un po’ di me in te e un po’ di te in me. Io passavo tra le anime, disseminando dubbi, paure, rabbia, rancore, a volte odio e tu? Tu arrivavi, soffiando un po’ di benevolenza, fiducia, amore, e le fila delle anime qualche volta si raddrizzavano, qualche volta no.

Da cosa dipende questo? Te lo sei mai chiesto?”


Il suo corpo, da alto e ingombrante, si fece modesto ed elegante. Gli occhi erano di un blu intenso, come i lapislazzuli della volta del Duomo. La malinconia vibrava attorno all’iride, creando delle onde, con le lacrime, nel bianco, intorno alle pietre preziose.

E continuò: "Dall'equilibrio? Io non lo so. Non ne sono più così certo. Il disegno, lo scopo, il fine, l’ho cercato, negli ultimi anni, ma non riesco davvero a vederlo.

Ed eccomi qui, in questo luogo. Inizio a capire perché il vento mi ci abbia condotto, così lontano da dove ero prima. Più rimango su questa piazza e più sento i secoli scorrere tra le fibre della mia pelle. La Torre Grossa, come viene chiamata, appartiene alla mia famiglia. Non lo sapevo, ma mi parla e mi racconta la sua storia. E ora salirò lì sopra per sentire, davvero, quello che hanno fatto i miei antenati. La nostra storia, Salina, è quello che dobbiamo guardare, credo, per capire dove stiamo andando. E io ho capito che non voglio più percorrere la strada che ho battuto fino ad oggi.

Ho lasciato che i nostri destini, che ci hanno venduto per già scritti, designati, comandati, venissero seguiti alla lettera, senza mai domandare il perché.

Eppure ci siamo innamorati, tu ed io. Te lo ricordi? Eravamo così piccoli, ancora. Ci puoi credere? Sì, certo che ci credi. Perché lo hai sentito, come l’ho sentito io.

E, forse, proprio questo nostro voler stare insieme, senza mai poterlo fare, ci ha resi così bravi nell’essere l’una la Luce e l’altro l’Ombra. Se ci pensi, nessuno di noi esiste senza l’altro. Se non è amore questo! Guardarsi e riconoscere nell’altro la propria esistenza, perché l’altro ci fa vedere, ogni giorno, chi siamo. Restare ed esistere, per questo.”.


Salina si rese conto che il suo gelato, ormai sciolto, gocciolava, dalla sua mano, a terra.

Gli stava davanti, immobile. Totalmente immersa nel monologo prorompente della sua Ombra. E ne era stupefatta, attonita, spaventata. Stava rivelando intenzioni che sgretolavano tutte le sue certezze, almeno quelle che fino ad ora avesse mai conosciuto.


“Le guerre, in questo luogo, sono iniziate molto prima dell’anno che delimita il tempo degli umani. La gente dalla quale discendo, ha distrutto, ma, poi, ricostruito.

I luoghi che calpesti, Salina, esistono per merito loro. Il nostro lavoro, se così possiamo definirlo, lo abbiamo potuto svolgere grazie alla vita che hanno portato avanti loro. La bellezza di questo borgo, esiste perché hanno saputo trovare l’unione. Ci puoi credere? A me sembra un’impresa di rara bellezza. A me che, nei secoli, non ho fatto altro che distruggere. E’ tempo di smettere. Ora voglio costruire e unire.”

“Ma…”, Salina dovette sforzarsi di far prevalere la voce sul nodo alla gola, “Che ne sarà di me, senza di te, Julian?”

“Credo che questo… lo debba decidere tu..”.

Le rivolse un sorriso, di invito e giocoso: “Vieni con me, Salina. Saliamo sulla Torre Grossa e godiamoci il panorama da lassù.”


L’esitazione della Luce fece tramontare il sole molto prima del previsto, quella sera.

Ci fu un’anomala eclissi di Luna, che fece voltare tutti verso il cielo, a notte appena avanzata. Nessuno seppe mai che un’Ombra e una Luce avevano abbandonato i loro ufficiali doveri nei confronti del mondo. Ma lo seppe la stessa Luna che, con la marea, spazzò via il filo di pentimento e spinse al largo un amore a lungo non vissuto: rinasceva, tra le colline verdi della Toscana.

I filari del Chianti, che sussurrano alla terra con le loro radici, quella notte vibrarono, illuminati dal coraggio di un’Ombra che abbraccia la Sua Luce.


- Sara -




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