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Immagine del redattoreSara

Le due torri



Due torri,

lo stesso destino:

il timore, la gioia

il buon auspicio, la scaramanzia

le convinzioni.


Due torri,

scarpe di ogni tipo:

passi pesanti, passi leggeri

balzelli, strascichi

i lacci.


Due torri,

il susseguirsi delle stagioni:

cristalli nel gelo, profumi nei fiori

i colori delle foglie, la meraviglia del calore

il tempo.


Due torri,

punti di vista:

l’alto, il basso

il pieno, il vuoto

l’essere.


Due torri,

il cambiare nello stare:

il vento che ruba, la terra che cede

l’acqua che scava, il sole che ritira

la resistenza.


Stanno lì, nel mezzo della piazza, due torri in mattoni.

Che strano effetto ottico: sembrano alte uguali; sembrano una più alta e una più bassa; una più snella, una più tozza; una piena, l’altra vuota. Paiono divergenti.

E, se cambi angolo, tutto appare al contrario.


Forse non appare, bensì è: sono tutto e il contrario di tutto.

In che senso? Nell’uno e nell’altro. Divergono e convergono.

Perché? Forse per la prigionia.


Alcuni sussurri, affidati all’aria con titubanza e un po’ di vergogna, hanno riportato che, prigioniere delle torri, siano due anime.

Le anime di chi? Di due grandi amici e anche due potenti stregoni.

I loro avi ritenevano che, insieme, avrebbero compiuto gesta eroiche, che sarebbero stati beniamini e redentori del mondo.

Legati, fin da bambini, giorno dopo giorno, crebbero, inseparabili. L’uno negli occhi, nel conforto, nell’appoggio, nelle risate, nella protezione e nell’affetto dell’altro.

Persino nella sincerità sfacciata, ma gentile, del non mentire sui propri limiti, trovavano ispirazione di cambiamento, miglioramento e crescita.

Un’amicizia meravigliosa e pura.


Fino a che…


Il peso delle convinzioni degli avi li mise, inaspettatamente, in competizione.


Il loro legame si spezzò, per la tensione del voler essere sempre meglio, non di sé, ma dell’altro.


Il cattivo uso del tempo passato insieme fomentò un sentimento aspro, fatto di aspettative pressanti, orgoglio e privo di collaborazione.


Invece di evolvere, condividendo, barricarono la loro essenza nella solitudine, spogliando il loro rapporto dell’affetto che li aveva sempre tenuti uniti.


E, nonostante soffrissero per il loro allontanamento, questo non fu sufficiente alla comprensione di ciò che stavano distruggendo e opposero sempre maggiore resistenza all’abbandono delle nuove rispettive posizioni.


Tale fu l’ottusità e lo spreco di potenziale, che il gran consiglio degli stregoni decise di non farli rimanere impuniti: li rinchiuse nelle torri, come nelle fiabe accadeva alle principesse.

Costretti a farsi da specchio, con evidenti differenze, l’uno a completare l’altro.

Fino a che non avessero visto ciò che un osservatore esterno vedeva: che da diverse prospettive, potevano parere tutto e il contrario di tutto, che avevano bisogno l’uno dell'altro per donarsi e completarsi, persino per risaltare e avere compimento agli occhi del mondo.

Fino a quando non lo avessero capito sarebbero rimasti solo due torri: costretti a guardarsi e a sentire la vita passare accanto a loro, mentre rimanevano immobili.

E li misero proprio a Bologna, nella città del fermento delle menti, con la speranza che, una tale vivacità, potesse accelerare il processo di comprensione.


Le torri svettano, immobili, lì, nella piazza, da secoli.

Ormai simbolo e insegnamento, per chi ha affidato il sussurro all’aria, dell'immobilismo e della pericolosità dell’orgoglio e della paura.


- Sara -


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