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Il Tulipano Rosso

Aggiornamento: 1 mag



Avevo otto anni la prima volta che mia nonna mi raccontò di questa leggenda.

“E talmente il dolore era grande per la perdita della sua amata, che iniziarono ad uscire dai suoi occhi lacrime rosse, da cui nacquero dei bellissimi tulipani rossi”

A mia nonna piaceva tantissimo raccontarmi questa leggenda persiana, quanto a me ascoltarla ogni volta con occhi sognanti. E credo di aver sempre avuto un’idea, effettivamente, troppo esigente e sopravvalutata dell’amore.

 

Ma d’altronde, crebbi in una famiglia dove si respirava amore in ogni momento della giornata. I miei nonni stavano insieme da quando avevano rispettivamente 14 e 16 anni ed erano stati, l’uno per l’altra, il primo e l’ultimo amore della loro vita.

Mio nonno aveva la capacità di far arrossire mia nonna come una ragazzina, e l’amore che si percepiva tra loro, era immenso. Si guardavano, con occhi innamorati, come fosse il primo giorno. Per settant’anni mio nonno preparò la colazione a mia nonna, con caffè caldo, i suoi biscotti preferiti e un bigliettino con una frase d’amore, ogni mattina, diverso dalla mattina precedente.  

Erano inseparabili, non sapevano stare l’una senza l’altro, vivevano in simbiosi, e si capivano con un solo sguardo. Era incredibile il feeling e la complicità che c’era tra loro. Ed era uno spettacolo vederli insieme: sempre sorridenti, si prendevano in giro tutto il giorno e non hanno mai smesso di ridere insieme. Un amore così, ho sempre creduto fosse difficile da trovare, ma soprattutto da coltivare.  Ci vuole dedizione, pazienza, sacrificio, fedeltà oltre al bene per l’altro.

 

Rimasi orfana di entrambi i genitori quando avevo cinque anni; i miei genitori morirono in un incidente stradale. Ero molto piccola per avere dei ricordi vividi, ma talmente mia nonna parlò di loro, che è come se li avessi vissuti davvero.

La notte dell’incidente, ero a casa dei miei nonni a dormire, e, l’unico ricordo chiaro che ho, è mia nonna che mi abbraccia col viso rigato dalle lacrime, mi stringe a sè, sussurrando all’orecchio: “Bambina mia, ci siamo noi con te. Non ti lasciamo sola.”

 

Ed effettivamente per i trent’anni successivi, non mi lasciarono mai sola. Nonostante la mia situazione, non patii la mancanza di un padre e di una madre: i miei nonni si presero cura di me come fossi una figlia, non facendomi mancare mai nulla, viziandomi, amandomi, proteggendomi come fossi un piccolo fiorellino, un piccolo e delicato tulipano.

 

I tulipani sono sempre stati fiori ricorrenti nella mia vita: erano i fiori preferiti di mia nonna, e mio nonno, ogni anno, al suo compleanno, il 30 aprile, le faceva recapitare direttamente dall’Olanda, il mazzo di tulipani più bello che io avessi mai visto. Guardavo i miei nonni con occhi sognanti, e speravo che anche io, prima o poi, avessi trovato un amore così grande e puro. E ogni anno, all’arrivo di quei tulipani, mia nonna mi raccontava la storia di questo uomo che aveva perso la sua amata e per il forte dolore provato, dalle sue lacrime, erano nati questi tulipani rossi, di un rosso acceso, forte. Rimanevo ogni volta estasiata da questo racconto.

 

I miei nonni si spensero a distanza di tre giorni l’uno dall’altra. Entrambi nel sonno. Entrambi senza sofferenza. Ed io, ero ancora in attesa di trovare un amore degno di essere chiamato Amore come il loro.

 

Il primo anno senza di loro, nella stagione dei tulipani, tra marzo e maggio, decisi di prendere un volo per l’Olanda, per andare esattamente nella zona di Bollenstreek, che comprende i territori tra Amsterdam e Den Haag per raccogliere il mazzo di tulipani più bello da portare a mia nonna.

 

Arrivai ad inizio stagione, perché avevo deciso di volermi fermare un pò ad Amsterdam, per visitare la città, non essendoci mai stata.

E perché sentivo di aver bisogno di prendermi del tempo per superare il lutto. Da quando erano mancati, per non rendermi conto del vuoto che avevano lasciato, mi ero riempita la vita di qualsiasi cosa pur di non stare ferma. E mi rendevo conto di essere incazzata col mondo, di essere delusa e amareggiata per questa vita che mi aveva sottratto l’Amore per ben due volte.

 

Affittai una bicicletta per muovermi più agevolmente, e fu davvero un’esperienza bellissima. Visitai la Casa di Anna Frank, il museo di Van Gogh, il quartiere a luci rosse con annesso museo del sesso, feci delle escursioni ai Mulini a Vento e una crociera sui canali.

Furono settimane intense, piene di emozioni, sola con me stessa e con i miei sentimenti. Mi stavo ritrovando, e finalmente mi sentivo in pace col mondo, non ero più arrabbiata per avermi tolto, nuovamente, i miei genitori. Il rancore stava sparendo per lasciare spazio alla gratitudine. Gratitudine per essere stata amata davvero, per aver avuto quattro genitori, per essere lì in quel momento a godermi tutte le bellezze che questa città poteva offrire. Grata perché nonostante tutto, non avevo perso la fiducia nel mondo e nel destino.

 

Un giorno decisi di andare a fare un primo sopralluogo per capire dove trovare i tulipani più belli.

Rimasi estasiata dal paesaggio che mi ritrovai davanti: immense distese di tulipani di tutti i colori. Sembrava quasi irreale ciò che vedevano i miei occhi. Passi tra una fila e l’altra di tulipani, godendomi la vista e assaporandone il profumo che emanavano. Notai da lontano una zona con una forte concentrazione di tulipani rossi, e avvicinandomi, mi accorsi di un cartello, che citava:

                    

                                                       “Dal dolore di una grande perdita,

                                                       nascono questi bellissimi tulipani.

                                                      Non lasciare che questa sofferenza sia

                                                     stata vana. Porta l’amore in ogni luogo”

 

Rimasi a fissare quei tulipani per dei minuti che a me parvero ore, e senza che nemmeno me ne accorgessi, iniziai a piangere. Lacrime strane: non saprei definire se di gioia, emozione o malinconia, ma nella mia testa si susseguirono immagini dei miei nonni, i sorrisi di mia nonna quando riceveva quel mazzo di tulipani e la sua voce di quando mi raccontava la storia dell’uomo e della sua amata.

Mi riportò alla realtà, un uomo alle mie spalle, che mi disse qualcosa che, essendo sovrappensiero, non capii, ma per l’imbarazzo del mio viso bagnato di lacrime, come se mi avesse colto in fragrante con le dita nel naso, non mi girai nemmeno. Recuperai la mia bicicletta e pedalai il più veloce possibile verso la città. A metà della corsa, pedalando come una forsennata, iniziai a ridere di gusto: a ripensare alla scena appena vissuta, dovevo essere passata per pazza. A trentasei anni, a scappare su una bicicletta perché mi avevano sorpreso a piangere. Pensai a cosa avrebbe pensato quell’uomo alle mie spalle. E continuai a ridere per tutta la pedalata.

 

Quella sera andai in un coffee shop. Avevo bisogno di alleggerire le emozioni della giornata.

 

Una delle tante cose che mi insegnò mia nonna, era un “rituale magico”. Se avevi bisogno di dire qualcosa ad una persona, ma non avevi modo di poterci parlare, dovevi scrivere una lettera, piegarla e poi bruciarla. Lei diceva che le energie di quelle parole, arrivavano poi al destinatario. E così feci quella sera. Volevo raccontarle di quel viaggio che stavo vivendo. E che forse era anche merito loro se mi trovavo la, perché ero venuta con una missione da portare a termine. Io che non mi ero mai allontanata dalla mia città, avevo attraversato stati per venire a raccogliere un mazzo di tulipani solo per lei. Volevo raccontarle di come non fossi più arrabbiata, ma anzi. Di come mi stavo vivendo appieno quei giorni, di tutte le emozioni che stavo vivendo. Di come stavo bene, di come mi sentivo serena, nonostante lontana chilometri da casa.

E che la mia voglia di vivere un amore come il loro, ardeva ancora dentro me. Ogni giorno mi chiedevo dove si fosse cacciato il “mio”, che fine avesse fatto, e perché ci stava mettendo tanto ad arrivare.

Scrissi tutto ciò, piegai il foglio, mi misi sul balcone dell’hotel dove alloggiavo e con un accendino  diedi fuoco al pezzo di carta. Aspettai che si trasformasse tutto in cenere, prima di rientrare in camera.

 

Dopo un mese e mezzo di permanenza ad Amsterdam, decisi che era arrivato il tempo di rientrare a casa. Anche se in realtà mi stavo abituando a quella nuova vita. Mi piaceva passeggiare lungo i canali, adoravo andare a fare colazione al bar vicino l’hotel, mi piaceva sedermi su una panchina ammirando i colori della città sentendo il profumo della primavera. Mi ero ambientata, fin troppo, pensai. Ma, al compleanno della nonna, mancano pochi giorni. Quindi dovevo rientrare.

Tornai nel campo di tulipani che mi aveva colpito e inizia a scegliere quelli che più mi piacevano: ne presi di tutti i colori, ma quello che prevaleva era il tulipano rosso. Erano bellissimi.

Mentre mi accingevo a sceglierli, si avvicinò un uomo, che sperai non fosse lo stesso che mi vide scappare come una ladra qualche settimana prima.

“La conosce la storia dell’uomo e della sua amata?”

Prima di girarmi, sorrisi.

“In realtà si, la conosco”

E mi voltai. E vidi l’uomo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita. Una lunga scossa percorse la mia schiena, e sentii il battito del cuore accelerare d’improvviso. Credo successe qualcosa del genere anche lui, lo notai dalla postura.

I nostri occhi si parlarono e avvertii quella sensazione di cui mia nonna mi aveva parlato tantissime volte, di quell’incontro che sarebbe stato l’Incontro.

Fu così che conobbi Christopher.

Ma questa è un’altra storia.

 

 

-Ille-

 

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