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Immagine del redattoreSilvia

Fuga della Città dei Tulipani

Aggiornamento: 1 mag


AMSTERDAM, 2177


Nel cuore di un'Europa sommersa dal cambiamento climatico, Amsterdam si erge come un fiore di speranza contro l'inondazione.

I suoi edifici, ispirati alla forma di un tulipano, sfidano le onde e il vento, offrendo rifugio a una società riorganizzata secondo una rigida gerarchia.

Le radici, profonde e intricate, ospitano i contadini, cuore pulsante dell'economia primaria. Qui, in serre sotterranee, vengono esiliati anche delinquenti e prigionieri, isolati dal mare che ne impedisce la fuga. Gli ascensori e i treni verticali, arterie vitali del tulipano, collegano queste profondità ai gambi, dove risiedono gli uomini poveri ma liberi. Tra di loro si trovano anche alcuni laboratori scientifici e i pochi servizi di collegamento con le altre città-tulipano.

Al livello del mare e della superficie, la vita è dura e spietata: i rifiuti, i diversi, i ribelli, gli esiliati e i condannati a morte vengono espulsi in queste acque agitate, mentre i profughi, se catturati e considerati abili nel lavoro, vengono catturati e immediatamente destinati ai lavori forzati nelle immense serre sotterranee collocate nelle radici.

A differenza dei contadini, loro non hanno diritto a un alloggio nel gambo: vivono stipati in casermoni bui e umidi situati proprio accanto alle serre in cui lavorano dalle 14 alle 17 ore al giorno, ricevendo in cambio la mera sopravvivenza garantita dal governo cittadino.

In pratica, sono i nuovi schiavi.

Chi si ribella viene semplicemente rigettato in mare, lasciato preda di onde e bestie rese ancor più feroci dai cambiamenti del clima.

Salendo lungo il gambo, la società si stratifica: i cittadini, a seconda del reddito e del prestigio, occupano piani più o meno elevati.

La base del fiore ospita gli uffici amministrativi, le piccole aziende di pubblica utilità, le scuole pubbliche e gli ospedali.

Salendo ancora, i petali aperti ospitano un mondo di opulenza, dove sorgono gli uffici governativi, le scuole più prestigiose, le università e le ville dei cittadini più agiati.

Al centro del fiore, nel cuore pulsante del pistillo, regna l'OPSTEM, un colosso aziendale che produce integratori a base di oppio. Questi doni chimici permettono da molti anni alla popolazione di aderire a rigidi canoni di bellezza e magrezza, promettendo in cambio un aumento del 100% della speranza di vita e un drastico abbassamento dei costi sanitari.

Il rispetto di tali canoni estetici è diventato legge nel 2077, con pene severe per chi si discosta dal modello imposto. Chi non rientra nei parametri stabiliti è punito con mesi di lavori forzati nelle radici o l'ergastolo; per i più anziani, deboli o "divergenti dagli standard di sopravvivenza ottimale" è prevista l'espulsione definitiva, ovvero vengono semplicemente gettati in mare da un'apertura posta a circa 7 metri. Chi sopravvive al volo, difficilmente supera la barriera degli squali tigre, ormai abituati alla carne fresca e alle facili prede umane.

Tutti sono controllati continuamente: le anomalie, di solito, vengono scoperte ed eliminate già prima della nascita.

Nella città dei tulipani, dove la sopravvivenza si intreccia con l'estetica e la dipendenza, la lotta per una vita dignitosa si combatte tra le sue stratificate corolle. In questo mondo sull'orlo del baratro, la bellezza è un dovere e la libertà è divenuta un bene sacrificato in cambio della vita.


KEIRA E LUCAS


Keira e Lucas vivevano nella sezione più bassa del gambo della Città dei Tulipani.

La loro vita era dura, segnata dalla scarsità di risorse e dal lavoro incessante, specie da quando il padre, ammalatosi tempo prima a causa dell'esposizione ai rifiuti tossici che aveva il compito di smaltire in mare, era stato gettato a sua volta tra le onde, in quanto non guaribile dal sistema.

Non era la sopravvivenza l'unica preoccupazione di Keira: oltre a studiare (la scuola di base era obbligatoria per tutti, almeno fino ai 18 anni), lavorare per garantire il sostentamento suo e del fratello, ogni giorno lottava per evitare che le Guardie si accorgessero che Lucas era autistico.

Per fortuna, a scuola il fratello riusciva benissimo: la sua mente, pur divergente rispetto agli standard stabiliti dal governo, gli permetteva di percepire il mondo con una sensibilità unica, cogliendo sfumature e dettagli che sfuggivano agli altri.

Purtroppo, la sua diversità era una maledizione, in quella spietata società: il suo naturale isolamento e le crisi a cui era soggetto, lo rendevano un bersaglio per gli scherni e le intimidazioni dei coetanei, gelosi della sua intelligenza e cresciuti pensando che la diversità fosse da sopprimere.

Per fortuna, fino a quel momento nessuno aveva fatto la spia, grazie anche a insegnanti complici che avevano sempre protetto i due fratelli.

...

Un giorno, durante una delle solite aggressioni dei compagni, Lucas si rifugiò in un vecchio laboratorio scientifico abbandonato, quasi alla base di una delle radici.

Qui, tra macchinari polverosi e reagenti dimenticati, trovò un vecchio libro sulla genetica. Attratto da immagini e diagrammi incomprensibili, Lucas iniziò a sfogliarlo con curiosità. Improvvisamente, le sue mani sfiorarono una pagina, attivando un dispositivo nascosto. Una luce accecante inondò il laboratorio, e Lucas si ritrovò catapultato in una dimensione virtuale, un mondo di informazioni sconfinate e connessioni neurali. Affascinato, iniziò a ridere e a compiere tutti quei movimenti che ne indicavano la felicità.

Sembrava che volasse, saltellando su frequenze sconosciute al resto del mondo.

Keira, preoccupata per l'assenza del fratello all'uscita da scuola, si mise alla sua ricerca. Lo trovò a "volare" nel laboratorio, ancora immerso nella luce accecante di quei bellissimi meccanismi, ma scrutato malignamente da due guardie che, osservandone lo strano comportamento, l'avevano seguito e segnalato immediatamente come soggetto divergente. Vedendo le guardie avvicinarsi, Keira non perse tempo: si piazzò davanti a Lucas, chiuse il suo volo in un abbraccio e lo trascinò via di corsa, ignorando i lamenti di dissenso del fratello.

Tornati a casa, Keira si rese conto che la loro vita era in pericolo.

Lucas era stato scoperto, e la sua anomalia non sarebbe stata tollerata.

La decisione fu immediata: dovevano fuggire immediatamente, prima che le guardie li andassero a prelevare.

Con pochi bagagli e il cuore pieno di paura, Keira e Lucas si avventurarono nella notte. Attraversarono i tunnel sotterranei della città, sfidando la guardia dei soldati e rischiando di essere catturati più volte.

Dapprima salirono verso i gli strati più alti e valutarono se gettarsi in mare; tuttavia, non servivano grandi doti intuitive per capire che gli squali tigre, ammassati intorno al gambo, non avrebbe lasciato loro scampo.

Decisero di tentare le vie sotterranee: prima di morire, forse pensando a una possibile evenienza futura, loro padre aveva rivelato che esisteva una porta che non era mai stata chiusa: quell'unica porticina da cui venivano gettati gli scarti delle sementi era la sola via sicura, pur conducendo verso l'ignoto.

Era la terza mattina di viaggio quando, con decine di guardie alle spalle, finalmente giunsero a quell'angusto corridoio.

...

Mentre Lucas procedeva spedito, seguendo pedissequamente le istruzioni del piano stabilito dalla sorella, Keira sentiva un vuoto dentro di sé. Pensava a quanto le sarebbe mancata la sua città, la sua gente, la sua cultura.

A tutto quello che si lasciava indietro.

Soprattutto, pensava terrorizzata alla vita senza oppiacei, di cui faceva uso dalla nascita per mantenersi all'interno dei canoni imposti.

Non le restavano ancora molte pasticche.

...

Lucas arrivò al confine dell’ultimo tratto di tunnel e sorrise.

Il piano procedeva, andava tutto bene.

Ma... Dov'era sua sorella?

Si guardò intorno, e notò che Keira era rannicchiata in un angolo a contare le pasticche che le restavano, quelle cose strane che a lui non avevano mai dato, per paura degli effetti collaterali. Questo... Non faceva parte del piano

“Non basteranno!” Mormorò lei, terrorizzata.

“Bisogna andare. Simon è in pericolo! Arrivano!” Ribatté lui senza guardarla, mentre lo Stimming lo aiutava a controllare la paura che già gli mordeva il cervello.

Non potevano restare, così era già stato stabilito. Eppure sua sorella non accennava a muoversi. Iniziò a tirare dei colpetti sincopati con la testa contro la parete, segno che la crisi era imminente.

“Ma non basteranno!” Gli urlò Keira esasperata, chiedendosi come Lucas potesse non capire, mentre già da lontano si sentivano le sirene delle guardie dell'OPSTEM.

“Radici! Radici! Non restare nelle radici!” Canticchiava da alcuni secondi Lucas, immerso sempre più nel suo loop temporale.

Perché sua sorella non stava seguendo le istruzioni che lei stessa gli aveva ripetuto un’infinità di volte?

Keira lo osservò, recuperando un momento di lucidità in mezzo al delirio della dipendenza.

Con uno sforzo sovrumano si alzò e gli andò accanto.

“Lucas ora segue le istruzioni, anche senza Keira!” Gli sussurrò con tono deciso, sperando che non fosse troppo tardi.

Lucas la sentì, ne captò la voce e un angolino del suo subconscio si sintonizzò con essa.

Le istruzioni… Sapeva quali erano.

Come un automa si staccò dalla parete, girò le spalle e puntò la porticina davanti a sé.

Spinse con forza la maniglia e senza voltarsi s’immerse a grandi passi nel buio dell’ignoto.

Keira chiuse la porta, si rannicchiò nuovamente, voltandosi verso le guardie della città Tulipano che ormai stavano per raggiungerla.

Le chiesero più volte dove fosse suo fratello, mentre l’ammanettavano con foga.

Per fortuna, nessuno di quei bestioni diede uno sguardo a quella porticina chiusa.

Alle loro incessanti domande, Keira rispose con sincerità: “Lucas non c’è!”

Con un sorriso folle li seguì docilmente, pensando che finalmente non avrebbe più dovuto razionare gli oppiacei.

Dopo un veloce processo, il Tulipano la spedì nelle radici a vita, dimenticando ben presto della sua esistenza.


-Silvia F.-


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