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Amore a prima vista

Aggiornamento: 8 ago



“Quello sguardo casuale

fu l’origine di un cataclisma d’amore

 che mezzo secolo dopo non era ancora terminato.”

 

 

 

“Vamos chicos, ¿estamos listos?”

 

-Da quando vivo a Barcellona, lasciadomi alle spalle la mia vecchia vita, i rapporti mediocri, gli amici non amici e un lavoro che non mi appagava assolutamente, ho scoperto un nuovo mondo.

Sono partito dalla mia città con un carico di tristezza, rabbia e delusione verso il mondo che mai avrei immaginato che, cambiando città, avrei trovato il mio posto nel mondo.

Nonostante, inizialmente, mi spaventasse tantissimo iniziare una nuova vita in un posto che non fosse casa mia, non conoscendo nessuno, nemmeno la lingua, posso dire che dopo quasi un anno a Barcellona, ho messo radici, ho un lavoro, una casa, piccina, ma deliziosa e degli amici su cui posso contare in qualsiasi momento.

Ho trovato la mia dimensione, il mio posto, e come sono sereno qua, non lo sono mai stato in trentasei anni della mia vita. -

 

Quella sera ci stavamo preparando per Festes de Gràcia, festa tipica di Barcellona, e Alvaro, che era già pronto da almeno 20 minuti, ci incitava a darci una mossa per uscire di casa.

La Festes de Gràcia è’ una delle feste più belle di Barcellona, tutte le vie del quartiere si animano di bancarelle, balli, cibo, concerti e sono piene di decorazioni di cartapesta appese ovunque.

La gente del posto a volte si veste con abiti tradizionali della città o con delle maschere molto particolari. Noi eravamo molto anonimi, in modo da passare inosservati.

Ci fermammo a mangiare in un locale tipico, in una piazza dove c’era un gruppo musicale che metteva musica del posto e delle ragazze  che intrattenevano la folla con dei balli folkloristici.

Mentre ero intento a gustarmi la mia paella bevendo sangria (si, è vero, devo ancora perdere del tutto la mia italianità che mi contraddistingue) notai che le ragazze che ballavano si erano dileguate in mezzo ai tavoli per raccogliere gente per ballare.

Si avvicinò al nostro tavolo una ragazza, capelli ricci, neri, decorati con dei fiori e una maschera sul viso che copriva solo la zona degli occhi, che però erano ben visibili.   

Venne dritto da me e mi porse la sua mano. Inizialmente feci no col capo, cercando di evitare quella che sarebbe stata una gran figuraccia davanti a tutta la piazza, ma lei non era disposta ad un rifiuto, e tradizione vuole che non è accettabile che un uomo rifiuti un invito di una donna.

Così mi alzai dalla sedia e le andai incontro, confidando che era qualche mese che stavo prendendo lezioni di ballo.

Mi sussurrò all’orecchio “Sevillane?”

Dissi di si. Almeno conoscevo le basi di quel ballo.

Partiì la musica, e da qual momento, non capiì più nulla.

 

Ci guardavamo negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo, seguivamo le note come una dolce melodia che ci accarezzava i corpi, che quando si toccavano, emanavano vibrazioni fortissime.

Percepivo il suo odore anche a distanza di metri, e quando l’abbracciavo sentivo il mio corpo emozionato da quel contatto. Le cingevo la vita, poi si allontanava, per poi riavvicinarsi e mi inebriavo del suo profumo e del suo sguardo. Le nostre labbra si avvicinavano talmente tanto da farmi mancare il respiro, ma non si sfioravano nemmeno.

La danza durò circa 4/5 minuti che a me sembrarono un’eternità, in cui mi ero totalmente isolato dal mondo esterno: era come se ci fossimo solo io e lei in quel momento, senza nulla e nessuno intorno.

A fine danza, lei si avvicinò e mi diede un bacio sulle labbra, sfiorandole appena.

Tornai al tavolo assolutamente stordito da quelle emozioni appena provate e rapito da quella donna. Avevo una faccia così sconvolta, che i miei amici mi presero in giro per il resto della cena.

Non tolsi gli occhi di dosso a quella ragazza per tutto il tempo che stemmo seduti al tavolo. L’unico momento in cui la osservai, fu quando andammo dentro a pagare, e la persi del tutto.

Usciì dal locale, e non la vidi più. Mi sentiì come un bambino che nella folla stava cercando il viso familiare della madre.

Ragazzi, non c’è più. La vedete? Dove è finita?”

“Estará por aquí, ten la seguridad!”

“Ma non la vedo più. Devo trovarla assolutamente. Le devo chiedere come si chiama, dove vive, quanti anni ha, insomma devo conoscerla. Non posso farmela scappare!”

“Hombre me pareces un poco loco”

Mi disse Alvaro ridendo.

Forse aveva ragione, sembravo pazzo. Ma mi ero innamorato. E dovevo assolutamente trovarla.

 

 

“Il primo sguardo, è la prima nota magica

giocata sulle corde d’argento

del nostro cuore.”

 

 

La mattina dopo andai a lavoro. E passai l’intera mattinata a trovare un modo per rintracciarla.

Ma come potevo fare? Sapevo che era riccia, mora, con gli occhi cerulei, che era alta circa 1.70/1.72 cm, sapevo che aveva un giglio tatuato dietro il collo, conoscevo l’odore della sua pelle, il profumo dei suoi capelli. Ma non avevo la minima idea di chi fosse e come potevo trovarla.

Ma sapevo che dovevo farlo, mi ero innamorato.

Lo so, assurdo da dirlo ad alta voce, anche a pensarlo, era patetico. Ma, sapevo che era così, e non potevo non tentare nemmeno di provare a cercarla.

Per tutta la durata della Festes de Gràcia, andai ogni sera, tornando in quella piazza e non, per vedere se lei ci fosse. Sembrava evaporata. Non la trovai da nessuna parte.

Quando ormai avevo perso le speranze, dopo quindici giorni di serate in cui vivisezionavo ogni via, piazza, negozio, e dopo due falsi allarme in cui credevo di averla vista, finalmente, vidi le ragazze che erano con lei quella sera. Ne fermai una, che inizialmente mi prese per un pazzo (in realtà, credo che anche dopo che le dissi chi fossi e che cosa volevo, il suo pensiero rimase quello).

“Estoy buscando la chica ehmmm del tatuaje de la flor danzante.”

(si, il mio spagnolo fa ancora un po' pena, ma mi sto impegnando a migliorare)

Dopo qualche attimo di esitazione, e con la faccia di una che sta pensando, la ragazza rispose

“Ah si, Mireia! ella no está aquí, está en Valencia!”

Strabuzzai gli occhi. Erano giorni che la cercavo, e lei era a 300 e passa chilometri di distanza.

Le chiesi come potevo trovarla, lei mi scrisse la zona in cui sapeva che Mireia abitava, ma non sapeva molto di più, e si scusò per le poche informazioni che riuscì a darmi.

Prima di andare via, aggiunsi:

No estoy loco eh, solo me enamoré”

La ragazza sorridendo mi disse:

“Buena suerte”


“Perché l’amore non si compra,

non si vende, non si impone, né si può evitare.

L’amore succede.”

 

Alvaro volle a tutti i costi accompagnarmi in quello che avevamo definito “il viaggio della speranza”. Avevo un nome finalmente, e un quartiere dove teoricamente viveva. Il più era fatto, ora bastava trovarla. Che sembrava una cosa facile, ma col passare del tempo, sul treno che ci stava portando a Valencia, mi sembrava una gran cazzata.

Arrivati in stazione decidemmo di noleggiare una macchina, così da poterci muovere un po' più comodamente e raggiungere più facilmente il quartiere.

Il primo giorno la ricerca non diede buoni frutti. Avevamo girato negozi, locali, bar, pure qualche scuola di danza, ma di Mireia nemmeno l’ombra.

 

Un pomeriggio, al quarto giorno di ricerche, quasi rassegnato, mentre passeggiavamo nel centro, vidi una locandina di uno spettacolo, con lei in primo piano, che si sarebbe tenuto la sera stessa in un locale poco lontano da lì.

“Alvaro guarda”

“ ¡Muy bien! vamos allí esta noche”

 

Mentre mi preparavo, nel bagno della stanza del hotel dove pernottavamo in quelle notti, mi resi conto che mi sentivo emozionato, come quando un bambino sa che sta per andare a luna park, eccitato e carico di adrenalina.

 

Arrivammo al locale. Luci soffuse e atmosfera intima. Partiì la musica e un gruppo di ballerine si dispose sul palco. Era un flamenco. Si fermarono e si misero ai lati, lasciando aperto uno spazio centrale, dove entrò lei.

Vestito rosso, con pizzi, classico del flamenco, la stessa maschera sugli occhi e i capelli raccolti con una rosa incastrata.

Era bella, bellissima. Ancora più bella di come la ricordassi.

Rimasi per tutto il tempo estasiato nel guardarla.

Era sensuale, aveva una carica erotica che si diffondeva per tutta la stanza. Movimenti dolci, decisi, pieni di femminilità. E fu di nuovo come se in quel momento ci fossimo solo io e lei. Si accorse di me e sorrise, fu quasi impercettibile, ma vidi chiaramente l’angolo della sua bocca inclinarsi leggermente. E per tutto il tempo della sua danza, mi guardò. Nessuno dei due distolse lo sguardo dall’altro.

A fine spettacolo lanciò la rosa che aveva nei capelli, che casualmente finì proprio sulla mia faccia.

Aspettammo all’uscita tutte le ballerine, ma non la vidi uscire.

D’istinto dissi:

“Mireia?”

Una ragazza si girò e mi disse:

ella ya se ha ido”

Mi caddero le…braccia a terra.

Alvaro se la rideva.

No te preocupes amigo, la encontraremos.”

 

Passeggiammo tutta la notte per la città, saltando da un locale all’altro.

Non in cerca di Mireia, che ormai poteva essere ovunque, ma per ritrovare la speranza che avevo lasciato al locale.

“Ma non capisco. Mi ha sorriso, mi ha visto, mi ha lanciato la rosa. Perché fuggire così, perché andare via prima delle altre. Ma cavolo di senso ha. Ed io quanto sono stupido ad essere venuto fino a qui per una donna che non sa manco il mio nome!”

Ero furioso, deluso e ormai affranto da quella situazione che sembrava surreale.

Cosa credevo di fare quando decisi di venire qua a cercarla?

“Pablito pero ella no sabe que la estás buscando. Necesitamos encontrarla para que puedas explicárselo.

“No Alvaro, non la cerchiamo più. Basta, sono stato un ingenuo. Aspettiamo che faccia l’alba e torniamo a casa. E’ una follia tutta questa storia.”

 

Talmente avevamo camminato, che eravamo arrivati alla spiaggia. Il cielo si stava colorando dei colori dell’alba e guardando verso l’orizzonte, notai una figura seduta quasi in riva al mare.

Un colpo al cuore. Notai la chioma riccia e nera.

Guardai Alvaro, che mi fece un cenno del capo come a dire vai.  

Più mi avvicinai più ero sicuro fosse lei. A poco meno di qualche metro, intravidi il giglio sul collo, sotto i capelli.

Cazzo, l’avevo finalmente trovata. Non ci potevo credere.

Sembrava stesse aspettando qualcuno. Era seduta su un asciugamano dove aveva disposto un piccolo vassoio con due brioches e due spremute.

Per un attimo tentennai: non sapevo se avvicinarmi o meno. Mi feci coraggio, e senza dire nulla, mi sedetti al suo fianco.

Mi sorrise. Finalmente vidi tutto il suo viso senza maschera. Era bellissima. Estremamente bella.

Si girò verso il mare, dove si vedeva il sole che stava facendo capolino e disse:

“Te estaba esperando. Te he estado esperando por mucho tiempo”

Rimasi a fissarla per dei secondi che sembrarono infiniti.

Mi stava aspettando. Ed io, l’ho trovata finalmente.

 

Fu un amore a prima vista,

a ultima vista,

a eterna vista.

 

 


-Ille-

 

 

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