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Luce in superficie


8 Maggio, 2347

Caro diario, Non crederai mai a cos’ho trovato l’altro giorno in archivio: un vecchio libro di scienze precedente all’impatto con l’asteroide! Era un mondo completamente diverso, proprio come me lo raccontava il mio bisnonno. I miei avi sono stati testimoni del passaggio dai bunker alle comunità, e certamente oggi resterebbero sconvolti dal livello di civiltà che siamo riusciti a raggiungere: caverne scavate in fretta e furia, anfratti di roccia rivestiti a casaccio, sono diventate vere e proprie città. Ormai abbiamo abbandonato il recupero di oggetti di superficie, la loro professione. Ci basiamo solo sulle risorse ricavate dal sottosuolo. L’acqua arriva dalle falde sotterranee, l’energia geotermica pensa alla luce e al riscaldamento. Grazie al sistema di tubazione e filtraggio dell’ossigeno l’aria non ci manca, ed è priva di sostanze inquinanti. Aldilà dell’asteroide, la vita delle generazioni passate stava distruggendo il pianeta: oggi questi problemi non sussistono. Il sistema economico è totalmente controllato e fortemente legato alla produzione strettamente necessaria per la sopravvivenza. Nessuna comunità soffre la fame, come invece succedeva nel “terzo mondo”: grazie alla Banca Mondiale dei Semi siamo riusciti a recuperare e quindi coltivare in serra ortofrutta e cereali commestibili per tutti. Per la carne, invece, la scienza ci ha fornito una sagace risposta: ottenerla a partire dalle cellule staminali. Questa tecnica, fortemente osteggiata negli anni precedenti al disastro, si è rivelata fondamentale per la sopravvivenza; bovini, ovini, in generale specie da cortile o da allevamento non si sono mai viste. Anche la lana non viene più prodotta e utilizzata: non esistono le stagioni, perciò la temperatura è ovunque piuttosto mite o calda, a seconda della vicinanza con una fonte di calore. Eppure… Mi chiedo come sia diventato il mondo là fuori. Nella mia famiglia si tramanda lo scritto di un vecchio trisavolo, un certo Zeno, che pare fosse imparentato con noi. Nella sua lettera, lui vede l’asteroide e sceglie di morire nell’impatto, ma invita i futuri umani a uscire in superficie. È stato leggere la sua lettera a spingermi a tenere un diario. Cos’ha la superficie di tanto bello da portarlo a chiedere all’umanità di rischiare la pelle? Da scegliere di non salvarsi, di non scendere nell’oscurità? 14 maggio, 2347

Scrivo da un bunker abbandonato al termine di una galleria che ho trovato in fondo al vecchio archivio. Ho scoperto l’accesso qualche giorno fa, mentre riordinavo alcuni campioni. Ne cercavo una qualche giorno, da quando ho trovato il libro di scienze. Ormai sono gallerie abbandonate, nessuno ci viene più, perciò non sono vigilate. Mi trovo in una zona vietata e sto infrangendo almeno 27 leggi diverse, ma confido di tornare prima che qualcuno scopra la mia assenza. Oppure, morirò appena varcherò l’uscita. In ogni caso, non dovrei avere problemi. Se queste sono le ultime righe di questo diario, sarebbe stato bello conoscervi. Buona vita, buona fortuna.

15 maggio, 2347

La porta non era sigillata. O forse lo era, ma ormai è talmente sfondata che è un vero miracolo che nulla sia entrato, in questi anni. Qui tutto è verde, il sole, la luce… Fa male agli occhi, brucia la pelle. Eppure si respira. Siedo sotto un albero. Qui la luce è ovunque, ora capisco Zeno. Non posso rientrare nel buio, non posso più. Non dopo essermi illuminata di questo immenso mondo. È tutto da scoprire. 18 maggio, 2347

Dopo tre giorni di faticose camminate giornaliere e di notti in rovine senza riparo, finalmente sono arrivata a qualcosa che pare fosse una grande città, almeno un tempo. Vista la natura che c'è in giro, direi che sono viva per pura fortuna. L'aria, contrariamente a quanto mi aspettavo, risulta perfettamente respirabile. Mi sto anche abituando al sole.

Un vecchio cartello rovinato che ho trovato poche ore fa riportava il nome "Milano". Presumo che fosse questo insediamento. L'asteroide ha lasciato numerosi segni di spostamenti d'aria, la "pressione" - dovrebbe essere una forza, l'ho letto sul libro di scienze - ha lasciato ben poche costruzioni in piedi. Tuttavia, in mezzo ad arbusti e vecchie mura, questo vecchio tempio buio pare abbastanza intatto e poco infestato da animali o piante di ogni genere. Un calcio alle assi sulla porta, e sono riuscita a entrare. L'oscurità totale che si trova al suo interno potrebbe spiegare perché nessuno l'abbia abitato. Esplorandolo ho trovato addirittura una statua ancora quasi intatta. Sotto vi è riportato il nome "Sant'Ambrogio". Magari questo luogo era dedicato a lui. Doveva essere una persona importante. Santo... Da piccoli qualche nonno a scuola ci parlava di antiche religioni, ma io non ci avevo badato granché: l'ipotesi che i miei avi, così tecnologicamente avanzati, si affidassero a certe fesserie mi pareva onestamente un po' folle e inverosimile. L'avevo presa per una favola. E invece... Costruivano anche dei templi grandiosi, pare! Sia come sia, finalmente ho trovato un posto in cui trascorrere qualche giorno. Devo dire che mi aspettavo un pianeta in condizioni decisamente peggiori. L'aria è tersa e respirabile, non vi è traccia dell'inquinamento di cui discutevano anticamente. Animali di ogni taglia popolano boschi e foreste. Nessuno fa caso a me, anzi: molti animali scappano, al mio arrivo. Tuttavia, la notte scorsa ho rischiato di diventare cibo per un branco di lupi affamati. Rispetto a quanto descritto nel libro, gli umani sono decisamente divenuti prede dei carnivori. Per allontanarli ho acceso un fuoco. Ha funzionato. Comunque, d'ora in poi cercherò sempre un rifugio chiuso, per la notte. Grazie alla scorta di pillole nutritive surrogate, per ora non ho bisogno di ulteriore cibo. Conto di attraversare un nuovo tunnel verso i sotterranei o di stabilirmi in qualche posto prima che esse finiscano. Domani esplorerò le rovine di questo grande insediamento.

19 maggio, 2347

Milano "Sant'Ambrogio" Stamattina, passeggiando per questa vecchia area cittadina, ho trovato dei resti umani. Li ho scoperti poco lontano da qui, fusi all'interno del palazzo di vetro che, solidificandosi, ha creato intorno a loro una specie di sarcofago vetrato. Una bellezza angosciante e al contempo inimitabilmente perfetta. C'è una ragazza, lì nel vetro, che si stringe le gambe e guarda verso l'alto, rassegnata al suo destino. Potevo essere io, se solo fossi nata qualche secolo fa. Poteva essere la mia trisavola, e io non sarei qui. Nei sotterranei controlliamo tutto, ma siamo comunque figli del caso, della fortuna. Ho girato un po', e mi sono resa conto di quanto questa enorme "Milano" sia stata una trappola mortale per la maggior parte della gente: troppo cemento, poca natura e nessuna via di fuga. E tutto questo ben prima dell'Asteroide. Tutto ciò che mi circonda fa immaginare un luogo simile alle statue di vetro: frenetico, angosciante, eppure bellissimo e indimenticabile. Peccato che sia tutto distrutto, però: un tempo questo luogo costituiva la speranza di molti. Forse ne sarei rimasta ammaliata e terrorizzata, proprio come davanti ai resti di prima. Forse, come per tutte le cose, Milano riusciva ad apprezzarla davvero solo chi imparava a comprenderla. Ho sbarrato la porta, e ho deciso che mi ci fermerò qualche giorno. Magari cercherò l'insediamento milanese e andrò a fare un po' di rifornimento. Sempre che non mi abbiano già dichiarata fuorilegge in tutti gli stati. Mmmh... Meglio non rischiare. La notte avanza, e il tempio diventa ancora più buio, ricordandomi che sono sola, qui. Ambrogio mi osserva, e spero che il suo sguardo sia amichevole, anche se pare un po' accigliato. Poveretto, passerà l'eternità serio e corrucciato. - Silvia Faletto B. -



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