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Immagine del redattoreSilvia

Il giardino delle anime perdute

Aggiornamento: 28 set 2023

Il cancello era chiuso, ma non completamente.

Un piccolo spazio, appena sufficiente a far passare una persona, era stato lasciato aperto. Il sole, in quella giornata uggiosa, era tramontato senza mai essere sorto davvero: i raggi grigiastri del crepuscolo filtravano tra le foglie degli alberi, creando un'atmosfera ben lontana dalla rumoreggiante Roma che si scorgeva in lontananza.

Il giardino era abbandonato da anni. Erba alta e incolta contornava gli alberi cresciuti in modo disordinato. Il vialetto, un tempo perfetto, era ricoperto di foglie secche, di vecchie rose e di fiori appassiti che nessuno spazzava da tempo.

Una figura scura si avvicinò al cancello e lo spinse delicatamente.

Scricchiolando esso si aprì, consentendo alla figura di entrare nel giardino.

Era un uomo di mezza età, alto e magro, con gli occhi neri come l'impermeabile che portava. Un cappello a falda larga ne celava i lineamenti, anche se da sopra il bavero si poteva scorgere un accenno di barba casuale e poco curata.


L'uomo si guardò intorno, esitante. Poi, prese a camminare lungo il vialetto principale.

Il giardino era silenzioso, tranne per il canto dei pipistrelli e dei primi uccelli notturni.

Un orecchio attento avrebbe potuto sentire il cuore battergli forte nel petto.

Proseguì per un po', poi si fermò davanti a una grande quercia, la cui chioma era circondata da un'aura di mistero.

L'uomo si avvicinò alla quercia e si tolse il cappello. Poi, posò la mano sulla corteccia.

Era ruvida e fredda, come il brivido che gli corse lungo la schiena quando udì quel Sussurro alle spalle.

"Chi sei?" sussurrò l'uomo, facendosi coraggio. In fondo, era lì proprio per quello: per incontrare quel sussurro.

Il sussurro si fece più forte.

"Io so' er guardiano de 'sto giardino", disse il sussurro, rivelando un'origine un tempo non propriamente demoniaca. "E tu chi sei? Che voi qui?"

L'uomo esitò.

"Sto cercando qualcosa", disse infine. "Qualcosa che è stato perso."

Il sussurro tacque per un momento.

"Quarcosa è stato perso?Io nun me occupo degli oggetti umani. Vattene!" sibilò il sussurro.

L'uomo si inquietò.

"Una persona", disse precipitosamente, mentre già il Sussurro si perdeva nella nebbia. "Ho perso la persona che amo."

Il sussurro tacque per qualche minuto, ma non sparì. Poi, affermò:

"'a persona che cerchi è qui, ner giardino", disse il sussurro. "Ma se la voi riavè dovrai pagare 'n prezzo."

L'uomo annuì.

"Quale prezzo?" chiese.

Il sussurro non rispose. Si limitò a sorridere.

"A noi romani piace giocare. Lancia er dado: sarà 'a sorte a decidere".


L'uomo si trovò in mano un dado a sei facce, che al posto dei numeri recava alcuni disegni: il numero 1 era un albero ricurvo, sul 2 erano raffigurati degli occhi, e così via.

Esitò.

Certo, voleva rivedere e riabbracciare Lei, sua moglie: non sarebbe arrivato fino a quel monte sperduto di Roma se non ne fosse stato totalmente convinto.

L'aveva persa: aveva permesso che lei l'abbandonasse per poi scoprirne la morte per overdose.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riabbracciarla, per rimediare al suo errore. Tutti gli avevano detto di lasciar perdere, di andare avanti con la sua vita, di dimenticare quella tossica relazione, ma lui era perso nel ricorso e nel rimorso di non avere fatto abbastanza.


Quell'oscuro giardino sul Monte Sacro era la sua ultima, esigua speranza. L'aveva trovato per caso, frugando tra vecchi libri di antichi rituali demoniaci. Si diceva che le anime perdute diventassero alberi di quel giardino, e che il sussurro avesse il compito di custodirle e guardarle invecchiare.

A volte, se avevi fortuna e lo desideravi con tutto te stesso, potevi chiedere un'anima indietro.

Stavolta era il suo momento: non avrebbe sprecato la sua opportunità, costi quel che costi.

Prese il dado e con un colpo secco lo lanciò sul vialetto.


Toc... Toc... Toc.

Tre rimbalzi, qualche giravolta, un paio di secondi lunghi un'eternità.

Toc.

Il dado si arrestò sull'immagine di sei rose vermiglie.

Il sussurro sogghignò mentre il cancello si sigillò con un tonfo secco.

Dalla quercia uscì Lei; contrariamente a quanto l'uomo aveva sperato, non vi era traccia di felicità nel suo spirito.

Anzi: il suo volto era rigato da lacrime e sangue, i suoi occhi erano vuoti e cattivi.

"Ecco qui er nuovo guardiano degli alberi persi!" Annunciò ridendo il sussurro.

"In 6 pezzi cadrà er core tuo, e da essi sei rose rosse nasceranno. Finché le rose vivranno, 'a tu' amata vedrai e lei prenderà la su' linfa da te. Quanno l'ultimo petalo cadrà, de te resterà solo 'n sussurro!"

Disperato, l'uomo cercò di correre verso il cancello, ma con orrore scoprì che la sua amata l'aveva afferrato per un braccio.

Ora che l'aveva ritrovato, non l'avrebbe più lasciato.


Rassegnato, si accasciò sul vialetto, mentre il suo cuore già cadeva in pezzi.

Sogghignando, il sussurro liberato si dissolse nella nebbia, mentre il vialetto veniva invaso da una nuova fioritura di singolari fiori rosso sangue, proprio come le rose appena spuntate intorno alla quercia.


Il cancello si riaprì: un nuovo guardiano era pronto al suo compito.


Silvia F.




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