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Ci vuole coraggio


Ho sempre amato Roma. Stasera ancor di più.

L’ho sempre paragonata ad una donna, sulla quarantina, elegante e sensuale come lo è solo chi ha la consapevolezza di esserlo. Testarda, a volte aggressiva. Romantica, passionale e anche un po' misteriosa. Ed è sempre stata una delle mie poche certezze. La sua bellezza, la sua luce, il suo essere caotica, ma al tempo stesso dormiente. Sempre attiva e sveglia, pronta a sorprenderti, divorarti e poi sputarti in mezzo alla folla.

E proprio in una sera come questa, ho conosciuto Giulia.


Ero in un locale a Trastevere, con Massimo e Claudio. Era una sera di inizio maggio, l’aria era fresca, e si iniziava a percepire l’arrivo dell’estate. Le ragazze si vestivano sempre meno, erano sparite le scarpe invernali, per lasciare spazio a camice leggere, vestitini e gonne di jeans. Roma in quel periodo è ancora più affascinante.

Lei era con 3 amiche nel tavolo vicino al nostro, la notai subito. Una chioma di capelli ricci le contornavo il viso, sguardo magnetico, una scollatura che non passava inosservato e una risata contagiosa. Con la scusa dell’accendino, attaccai bottone.

“Scusate dolci donzelle, avreste mica da accendere?”

Si girò lei (tra l’altro l’unica che mi pareva fumasse)

“Tieni. Costa 10 centesimi il prestito,”

Pure simpatica, pensai.

“Un po' caro per un po' di fuoco, non credi?”

“Bè ma senza il mio fuoco col cavolo che tu t’accendi la sigaretta”

Unimmo i tavoli, e chiacchierammo tutti e sette per tutta la sera. Erano tutte e quattro molto simpatiche e carine, ma lei aveva qualcosa in più. Era spigliata, simpatica, a tratti anche aggressiva. Sicura di se, e sfrontata. Diverse volte durante la serata, mi fece battutine e mi lanciò sguardi maliziosi.

Era la prima volta da quando ero sposato che flirtavo con una donna. E, alternavo sensi di colpa, con un’eccitazione quasi da quindicenne. Mi piaceva, e mi faceva sentire di nuovo vivo.


***


Ero sposato con Giorgia da vent’anni. Venti lunghissimi anni. Avevo ventidue anni quando mi sposai, e stavamo insieme da quattro. Non avevo tutta questa voglia di metter su famiglia, ma pur di fuggire dall’oppressione dei miei genitori, feci quello che tutti si aspettavano in quel momento facessi: le chiesi di sposarmi. All’epoca, a differenza di oggi, era impensabile andare a convivere prima del matrimonio. E, devo dire che per i primi quindici anni, fu tutto abbastanza bello. O per lo meno. Ad oggi mi viene da dire che fu abbastanza “tranquillo”.

Subito dopo il matrimonio, ovviamente, come la società ci aveva insegnato, provammo ad avere figli. Ma dopo cinque anni di fallimenti, di analisi, visite, esperimenti, decidemmo che forse non eravamo fatti per diventare genitori. Fu una bella batosta per noi e per il nostro matrimonio, vacillammo parecchio, ma credevo che avevamo superato la crisi ancora più uniti di prima. Era solo un’impressione. Quello fu l’inizio della fine. A mano a mano, diventammo amici. Non fraintendetemi. Ci deve essere anche amicizia in un matrimonio. Ma il problema è che la nostra intimità, si stava perdendo. Non me ne resi conto subito. Pensai fosse normale, e non ci diedi peso. A mano a mano che gli anni passavano, ci allontanavamo sempre di più, condividevamo sempre meno cose, quasi a diventare due coinquilini. Ma negli ultimi cinque anni, la situazione era peggiorata drasticamente. Giorgia non è mai stata una donna ambiziosa, si era accontenta di un lavoro mediocre, di amicizie mediocri, di ambienti mediocri, e di un matrimonio mediocre. Quando, qualche anno fa, cercai di parlarle ( si esatto, io uomo che intraprendo un discorso del genere, cosa molto rara) lei, mi disse che non ci vedeva niente di strano nel nostro rapporto. Così pensai che ero io a vedere nero, dove invece spiccava il bianco.

Per stare al suo passo, avevo rinunciato ad una carriera brillante, diventando un semplice giornalista di un quotidiano di quartiere. Mi ero dovuto adeguare io alla sua non ambizione, piuttosto che lei salire al mio livello.

Era una brava donna, lavoratrice. Ma non aveva aspirazioni dalla vita.

Io, da giovane, avrei voluto girare il mondo, frequentare l’università, diventare un importante giornalista di fama mondiale -si ok, forse avevo ambizioni troppo alte- ma per accontentare il mondo e lei, alla fine, ho rinunciato a tutto ciò. E se all’inizio la cosa non mi pesava, negli ultimi anni, era diventata un macigno. Ho sempre dato la colpa alla crisi di mezza età. Si sa gli uomini, superati i 40, vanno in paranoia. Ma Giulia, mi fece capire che non era affatto così.


***


Di Giulia, dopo quella sera, sapevo che aveva 37 anni, single convinta, era psicologa, amava il mare, il cioccolato fondente, e odiava gli uomini sposati che facevano i cascamorti con le donne. Appunto.

“Se mai ti toglierai quella fede al dito, cercami”

E se ne andò così. Lasciandomi letteralmente di stucco dalla schiettezza di quelle parole.

A letto, quella notte, con Giorgia che dormiva al mio fianco, ignara di tutto ciò, mi addormentai pensando al sorriso di Giulia.

Ci misi 3 giorni per trovarla. Una sua amica, Lisa, aveva detto di lavorare in una libreria in centro, ma non ricordavo quale. Per due giorni girai tutte le librerie della zona (non so se avete presente il centro di Roma!) quando finalmente la trovai. Dopo un’ora di suppliche, Lisa, che comunque non cedette nel darmi il numero di Giulia, acconsentì nel darle un bigliettino che scrissi sul momento.

“Tanto non ti darà retta. Giulia dai tipi come te, sta alla larga!”

Certo le parole di Lisa non erano confortanti e sapevo che probabilmente aveva ragione,

ma quella sera andai comunque dove le avevo dato appuntamento.

C’è una particolarità di Roma, del Colosseo, che solo chi è di Roma conosce. Ed era proprio in quel posto che la stavo aspettando. Seduto sul muretto, con i piedi a penzoloni, guardavo nervoso l’orario, quando sentì una voce, inconfondibile, alle mie spalle:

“Coccio, se de coccio eh. Vediamo se sei anche furbo”

Era semplicemente bellissima. Aveva un vestitino sopra al ginocchio, degli stivaletti bassi, i capelli sciolti che svolazzavano nel vento, pochissimo trucco e un sguardo che mi rapiva.

Rimanemmo seduti su quel muretto per delle ore, ore che non mi resi nemmeno conto. Parlammo di qualsiasi cosa, dalla nostra infanzia, al mio matrimonio infelice, alle sue delusione, dal mio lavoro alle sue passioni.

Giulia era una carica di dinamite, era piena: piena di vita, piena di esperienze, piena di voglia di scoprire il mondo e di vivere la vita. Quella vitalità, quell’energia mi risuonavano dentro come qualcosa di mio che avevo perduto. Ero affascinato da lei, dai suoi racconti, che riuscivano a travolgermi e coinvolgermi. Ero estasiato da lei. Completamente rapito. Ma soprattutto assolutamente spaventato.

Era la classica donna, di cui avevo sentito parlare, ma che non avevo mai incontrato. Quasi un essere mitologico. Quella donna, indipendente, che si è fatta strada da sola, che non ha mai avuto bisogno di un uomo per sentirsi completa, che per tutto ciò che aveva, doveva solo ringraziare sè stessa.

Penso che quello sia stato il momento in cui ho realizzato di non essere più innamorato di Giorgia. Ero lì, in piena notte, seduto su un muretto con questa donna bellissima, e non pensavo ad altro a quanto avrei voluto assaporare le sue labbra.

Ma prima che quel bacio accadesse, passarono altre 3 settimane. Settimane in cui ad ogni momento libero, cercavo di andare da lei. Lei non mi diceva mai di no, ma era stata molto chiara nl non voler nient’altro da me, tranne che un’amicizia.

E poi accadde. Una sera da lei, stavo andando via, la salutai come sempre con un bacio sulla guancia, quando lei si voltò, e mi baciò sulle labbra. Dopo un piccolo attimo di esitazione, non ci pensai due volte, la avvolsi tra le braccia e inizia a baciarla con tutta la passione di cui ero capace. Dopo qualche minuto eravamo nel suo letto. E lei si rivelò piena di vita, passionale, come nella vita, anche tra le lenzuola.

A metà nottata mi svegliai e tornai a casa. Ero in uno stato confusionale e pieno di sensi di colpa, che non riuscì a chiudere occhio. Ma nonostante tutto, il giorno dopo, appena Giorgia uscì per andare a lavoro, mi feci una doccia e andai a portare la colazione a Giulia.

“Vedi perché uno come te non lo voglio? Ti alzi nel cuore della notte e te ne torni a casa come se nulla fosse”

L’accoglienza non era stata delle migliori.

“Hai ragione. Scusami. Non è stato un bel comportamento.”


Di discussioni come quelle, nei mesi successivi, ce ne furono ancora.

Lei non mi chiese mai di lasciare Giorgia, ma il suo stato d’animo a mano a mano che passava il tempo, era cristallino.

Da una parte Giorgia, che era sempre più lontana e indifferente alle mie serate fuori casa, dall’altra c’era Giulia, che mi faceva sentire l’uomo migliore di questo mondo.

La chimica e l’attrazione che c’era con lei, erano esplosivi.

Stavo vivendo la mia storia d’amore più bella e intensa della mia vita. E mi sentivo un codardo. Amavo questa donna, ma non riuscivo a rinunciare alla comodità e alla sicurezza che, nonostante tutto, il mio matrimonio mi dava. Avevo paura dell’opinione e della delusione che avrei creato ai miei genitori e ai suoi. Suo padre mi adorava. Come avrei potuto farlo? Cosa avrei detto?


Ma si sa, chi vuol troppo, nulla stringe.


Giulia, una sera, bevendo una birra sul suo terrazzino, mi disse che aveva ricevuto un’ offerta da un’importante studio di Napoli. Io rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire. Ci girò un po' intorno, poi concluse:

“Se non ho nulla o nessuno che mi trattiene qua, lo accetto.”

Mi sentì raggelare il sangue. Ma, continuai a non proferir parola.

Passò un po' di tempo da quella serata, e un mattino, decisi di andare da Giulia con un cornetto caldo. Citofonai. Più volte. Nessuno aprì. Presi il mazzo di chiavi che mi aveva dato qualche mese prima, che mi diede dicendomi “da usare solo in caso di necessità”. Be questa era una necessità. Per quanto ne sapevo poteva essere svenuta, avere un malore, esser morta di infarto! Mi vennero in mente tutte le peggio cose.

Ed invece, aprendo la porta di casa, ebbi subito un fremito. La casa sembrava non vissuta. Andai in camera sua, aprì l’armadio e mi si fermò il sangue: tutti i suoi vestiti erano spariti. Iniziai a girare per casa come un topo in gabbia, cercando indizi, quando finalmente, sul tavolo della cucina, vidi un foglio appoggiato alla pianta:


“Lascia pure le chiavi sul tavolo. Tanto non ti serviranno più. Ti ho aspettato. Per tanto, troppo tempo ho sperato prendessi una decisione, e mi dimostrassi che non eri così codardo. Ti ho amato in silenzio, e con lo stesso silenzio, ho deciso di togliere il disturbo. Non cercarmi più.”

Tornai a casa, arrabbiato, sconvolto e deluso da me stesso. Chiesi a Giorgia il divorzio quello stesso pomeriggio.



Ed ora mi trovo seduto su quello stesso muretto dove sono stato seduto con lei per quasi una notte intera, con le gambe a penzoloni, una valigia fatta e un biglietto del treno per Napoli.

Vado a giocarmi il tutto per tutto.


-Ille-



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